PIERANTONIO TANZOLA                                       

                                            

               

    

 WORKS   BOOKS   CRITICS   EXHIBITION   ABOUT   NEWS   CONTACT    L'ARGINE

         

              

 

                                                                                

 

 

 

 

IL SENSO DEL MOMENTO

PETER ADAMSON

 

Scrivendo  sui quadri di un giovane artista molto stimato nasce la tentazione di  guardare al futuro e  porsi grandi interrogativi. E’ possibile che  gli amanti dell’arte un giorno percorrano grandi distanze per  ammirare e riammirare questi dipinti? E’ possibile immaginarli esposti nelle  grandi gallerie mondiali e  riprodotti su stampe e libri?

Di fronte al lavoro dell’artista padovano Pierantonio Tanzola, l’istinto e la  riflessione  suggeriscono che  la risposta  a queste domande probabilmente è “si”.

Chi osserva i quadri di Pierantonio Tanzola deve sempre confrontarsi con la ‘qualità del momento’ (che  viene consapevolmente rafforzata  dai titoli spesso  stravaganti,  maliziosi e suggestivi dei suoi quadri). Quasi tutto il suo lavoro è caratterizzato  dall’origine della tensione e  dal ‘limite’ e ciò significa  che  per quante volte si guardi un quadro di Tanzola, questo sempre ti prende, ti sfida, ti coinvolge. Nel suo lavoro non  c’è un solo briciolo di  noia o  dolcezza  e la vita  è sempre al limite, sempre  avida del momento successivo.

Se si guardano  gli ultimi quadri  di Tanzola, creati all’esterno nella campagna del delta del Po apparentemente  ordinaria e  non degna di nota  credo sia evidente che le frasi precedenti  potrebbero essere state scritte  proprio per descrivere questi lavori. Lavorando in fretta, spesso all’imbrunire, sembra che usi la parte dura del pennello oltre alle setole per ritrarre una scena – la struttura aggrovigliata di una radice,  un albero  rachitico, un pezzo di  rete metallica  abbandonata, alcuni appezzamenti  trascurati e  coperti di vegetazione -  concentrando su di essa un   amore e attenzione tali da trasformare la visione che abbiamo di essa facendocela apprezzare nella sua  interezza. E l’effetto rimane  a lungo dopo che  il quadro è sparito dalla  nostra vista  rendendoci riluttanti  a guardare il mondo allo stesso modo di prima, ad ignorarne le sottili bellezze, la frammentarietà, a  trascurarne i suoni e le luci, soccombere alla maledizione moderna  di registrare e apprezzare solo quello che  crudelmente attira l’attenzione su di sé.

In  parte questo  talento di saper trasformare l’ordinario e il quotidiano sta  non solo nell’abilità  di  percepire l’astratto nel figurativo ma di fondere le due cose per creare qualcosa che sia entrambi  pur senza essere uno dei due. E questo  è ancora una caratteristica comune a molti grandi pittori e dipinti. I lavori di  grande qualità, dai dipinti  rupestri di Lascaux alle ninfee di Monet  hanno la capacità di essere visti  allo stesso tempo come  raffigurazione, come pura astrazione e come unione di entrambe. E questa è una qualità  sempre più evidente  nel lavoro di Tanzola: i recenti quadri  del delta del Po e dei suoi argini  sono ovviamente esempi, ma lo sono anche molte delle tele di New York nelle quali   la scacchiera delle finestre e dei pannelli di un grattacielo di vetro possono assumere una qualità astratta non diversa da quella degli studi algerini di Klee.

Tanzola sviluppa questa rara  abilità  di distillare ed elaborare  le associazioni  dei soggetti scelti da lui, riproducendo  non oggetti o scene ma  gli effetti più reconditi. Basti pensare per esempio agli interni, in particolare ai  dipinti di palazzo  -  col loro potente senso del tempo e della nostalgia  per il presente -  o ai dipinti del delta col loro senso di triste bellezza e  calma complessità della natura. In questo senso  dire che Tanzola è  un artista figurativo  è  riduttivo: tutti i pittori, anche quelli più astratti, sono figurativi nel senso che  cercano di  raggiungere i recessi più reconditi per entrare in contatto coi luoghi più intimi  che raramente vengono disturbati  dalle  immagini più  sonore e sensazionali  della vita  di tutti i giorni o della cultura ma che  fanno di noi ciò che siamo. Il massimo risultato è  quel senso  duraturo  di contatto ed unità, un’unione di anime  al di là  delle differenze di tempo e luogo e circostanze per riconoscere  ed accettare una profonda  arte popolare che proclama,  al livello più essenziale in assoluto ad eccezione dell’amore umano, il messaggio che non siamo soli, che anche nel  più profondo di noi stessi ci possiamo raggiungere ed essere raggiunti.

Credo sia giusto   dire  inoltre che un’altra caratteristica  dell’artista che si sta facendo strada è una certa fermezza nel tratto, una  certa  sicurezza  che significa  non  dover ingrandire gli effetti e  l’intenzione.  Secondo Lawrence Durrell è la qualità del “senso del gioco”, del “non impegnarsi troppo  sul soggetto”.  I quadri di Tanzola, per quanto seri possano essere, non  commettono l’errore di prendersi troppo sul serio. Prendono le distanze dalla  vanagloria e dalla presunzione, conservando un senso  di modestia e umorismo e, diversamente da molti dei suoi contemporanei,  senza  aprire   quel  varco fatale e  ridicolo   tra  l’impatto di  un quadro e le sue pretese.

 

A volte questa  dote sottovalutata emerge come un manifesto senso dell’umorismo. E forse è proprio questo  il sottile  piacere dei  quadri di New York. Moltissimi artisti, tra i quali molti italiani e americani, hanno cercato di ritrarre New York. Ma forse nessuno  si è avvicinato a questa straordinaria città  così sottilmente o  col successo di Tanzola. Ha visto New York  in tutte le sue immense  possibilità  di  eccitazione  visiva, bellezza, inafferrabilità ed uniformità di  bruttezza,  insolenza e caos. Ed ha sfruttato  il suo  sorprendente potenziale per fondere l’astratto e la  raffigurazione. Ma, ancora una volta ha dipinto non solo la città ma gli effetti sull’osservatore – e in questo caso gli effetti su un  estraneo.  Non cerca di   restare indifferente o di dipingere una visione pseudo-intima della città dall’interno: dipinge la New York  del turista  e dell’ospite, la New York che  impressiona e intimidisce i suoi milioni di visitatori, compresi  quelli delle grandi metropoli europee. Ma così facendo egli dipinge anche  una precisa reazione europea a New York: siamo impressionati pur rifiutando di prenderla  completamente sul serio o almeno  con la sua stessa serietà. Noi europei  conserviamo un senso  fondamentale dell’assurdità  della città  a  livello umano e questo è anche il soggetto  di Tanzola. I quadri di New York   hanno quindi una straordinaria  varietà di  attrazioni - come  interpretazione di  quanto stimola visivamente il visitatore, come composizioni drammatiche, come  miracolose astrazioni di forma e colore che ricordano quelle di Klee e come  riflessi  delle  nostre riserve  sulla città   realizzate e  godute a metà.  E in un  quadro come ‘lo so, sono provinciale’ una parte del nostro apprezzamento è una risata legittimo.

Tanzola potrà essere  un estraneo che  si prende gioco di se stesso, ma è anche un estraneo che si prende gioco di New York. 

Come  romanziere a volte  ho guardato i quadri di Tanzola e  sono rimasto senza fiato  dallo stupore, non senza invidia, per quanto le sue  figure  riescono a ‘dire’. Il suo quadro ‘La donna  che fa la spesa’, ad esempio,  parla a bassa voce  della vecchiaia. Certamente un elemento di questa padronanza del linguaggio del corpo  è  l’assoluta precisione fisica   di alcune figure (come ad esempio un ritratto della  compagna di  Tanzola, Michaela,  è immediatamente e profondamente riconoscibile anche quando è nell’ombra e non è possibile distinguerne  il viso). Ma c’è di più. E’ possibile riconoscere  lo stato d’animo nell’intimo delle sue figure. La  ragazza seduta  sul letto di una camera d’albergo, il portatore   alla processione o i ritratti  pieni d’ammirazione del padre dell’artista sono stati dipinti  con profonda precisione emotiva e psicologica.

Le caratteristiche  da me  accennate sono solo alcuni dei segni caratteristici  di un  paziente lavoro. Non definiscono di per se stesse né  aggiungono qualcosa  ad un’arte  già elevata. Ma credo che  rappresentino  degli indizi importanti  di quella dote. Sono la base  del mio atto di fede  nell’importanza futura  di Tanzola come  artista e spero  che  facendo congetture su quello  che proietterà  il lavoro di Tanzola  nel futuro   io possa aver   focalizzato l’attenzione su alcune delle doti che ci permettono di  gustare  ed apprezzare il lavoro che ci viene proposto.

 

Peter Adamson 2001

(dal catalogo "Pierantonio Tanzola - Il senso del momento",

Galleria Forni, Bologna 2001)

 

 

BACK