PIERANTONIO TANZOLA                                       

                                            

               

    

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Quadro - foglio

 

L’etica della Storia è la memoria. Non è possibile dimenticare, perché ogni morte ha un senso e la violenza ne amplifica l’atto e il simbolo di pugnale centrato non solo contro la Repubblica, ma al cuore di chi è veramente la Repubblica, ovvero noi. La Bandiera che cola.

Mi chiamo lontano dalla Storia, vivo in questo presente di lutto e di mancanza di realtà. Vivo da poeta che non trova più la parola necessaria a cui dare la forma convenzionale di poesia, in questa invettiva contro la civiltà che muore, contro l’agonia del nostro essere coscienza civile. Tutto questo non ha più date nel mio pensiero di oggi. Sfuggono, proprio a me, che ricordo solo per date, in una memoria scandita dalla precisione degli anni.

 Chi mi ha rubato questo calendario mentale? E perché sono andate in fumo le cronologie anche indefinite di certi oscuri presagi?

 Scopro che forse tutto è ancora e solo dentro, forma dell’anima, presa a reazione di quella civile virulenza che mi chiede fermezza, nessuna concessione all’indulgenza, se non la pietà unica verso la vittima, qualunque e ogni vittima.
Però le date raccontano la sequela dell’inganno e non posso chiamarmi fuori dall’etica della Storia, quella depistata, priva di senso, in un territorio non di nostra pertinenza. Devo ritrovarle, le date, per descrivere i giorni neri, la morte che incombe e non può essere lasciata solo all’emozione.

 Fibra: ricerco ancora la sua essenza, per avere un valore nell’innocenza cristiana.

 Tu hai percorso l’intera strada fino a cogliere di una ferita non solo bruciore, ma la forma larga delle anime morte, quelle che il sangue e la folgore dello scoppio lasciano a un’apparenza di penitenza.

 Ho ritrovato le date su questa cronologia di foto, deprivate dal segno della retorica, redente in quella natura d’ossa che la pittura vi imbriglia o esplora, corrode. Fotografia che ripara la cura insidiosa del tempo, l’allontana per ripresentare il buco nero della malattia, la perversione dell’abisso accerchiato e vinto come su un campo di battaglia, l’etica di una Storia in cui la Bandiera stinge e accolora il suo sangue vegetale.

 Sfoglio questo libro immaginario in cui tutto è macerato: la fotografia nella  pittura, la Storia nella sua  etica, la morte nella natura. Resta un’ombra scheletrica in ogni quadro-foglio, l’essenza di una sconfitta, anche quando la data resta muta all’emozione, gli anni bruciati, le date mancanti.

 Se questa della sola essenza è l’unica mira allora è necessario dare un taglio. Leggo questo nelle foto. Brucio ancora le date nella memoria. La parola cerco, quella che mi s’intaglia e non fatica. Ritorna, imperiosa, qui, dal silenzio della terra senza voce.

 

 

Fulvio Panzeri

(dal catalogo "Tanzola - Omissis",

Centro Nazionale di Fotografia, Sottopasso della Stua, Padova 2006)

 

 

 

 

 

 

 

 

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