WORKS BOOKS CRITICS EXHIBITION ABOUT NEWS CONTACT L'ARGINE
|
|
L'ARGINE n° 5
agosto 2023 - dicembre 2023 In questo numero abbiamo l’editoriale di Marco Fazzini, anglista e docente di letteratura post-coloniale presso l’università Ca’ Foscari di Venezia, che ci spiegherà il difficile ruolo e la condizione di marginalità che ha la poesia nel mondo contemporaneo. Possiamo leggere poi il dialogo tra Lorenzo Renzi, professore di filologia romanza presso l’università di Padova e Accademico Emerito dell’Accademia della Crusca, e Pierantonio Tanzola. Una conversazione che ci narra del percorso personale e intellettuale di Renzi attraverso le sue passioni, i suoi incontri e il rapportarsi quotidiano con i giovani studenti. Capiremo che poesia, letteratura, arte e maestri a lui cari, sono stati fondamentali per la sua formazione di Uomo e docente. Dopodiché il grande folk-singer americano Eric Andersen si racconterà in un colloquio con Marco Fazzini e Jacksie Saetti. I suoi inizi con Band giovanili, l’amore per il cinema, il suo rapporto con la Beat Generation saranno alcune delle tematiche che ci introdurranno a una America che molto ha influenzato la cultura europea e non solo di quegli anni. Joni Mitchel, Janis Joplin, Bob Dylan sono 22 artisti con cui Andersen ha collaborato nella sua lunga carriera. L’artista Sabrina Notturno conversando con Pierantonio Tanzola ci accompagnerà nel suo spiazzante universo costruito su immagini visionarie e oniriche, realizzate mediante un approfondito studio sul proprio inconscio. Una epifania di eventi capaci di aprirci ad orizzonti indefiniti e mondi paralleli. Seguiranno le poetiche e commoventi lettere inedite di soldati italiani impegnati sul fronte della seconda guerra mondiale. Lontani da casa, il più delle volte a combattere in paesi stranieri, questi ragazzi scrivono alla loro madrina di guerra per confidarsi o ricevere un conforto in momenti estremamente difficili da affrontare. Come di consuetudine ci saranno i ritratti dei protagonisti realizzati, per questo numero, dall’artista Marco Manzella.
contenuti della rivista:Editoriale - Cantare in tempi di barbarie: poesia e resistenza - Marco FazziniIntroduzione - Andrés David Carrara, Giorgio Macii, Carla Tanzola, Pierantonio TanzolaProfilo - Sabrina NotturnoDialogo - Lorenzo RenziInedito - Lettere dal fronte - Chiara Soldati e Andrés David CarraraConfronto - Mingle with the Universe. Riflessioni e confessioni d’un artista / Eric Andersen in conversazione con Marco Fazzini e Jacksie SaettiRitratti - Marco Manzella |
|
Profilo - Sabrina Notturno
Sabrina Notturno (Treviso,1964). Ha frequentato il corso di
Emilio Vedova presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Vive e lavora tra Treviso e Casier. Ha esposto in numerosi
spazi indipendenti, gallerie e fiere in Italia e all’estero.
È cofondatrice del padiglione di arte contemporanea ParCo
Foundation a Casier. Tra le sedi che hanno ospitato il suo
lavoro vanno ricordate Magazzini del Sale a Venezia, Karin
Mitchel Queensland (Brisbane), Galleria Arte 3 Milano e
Trieste, Galleria Juliet Trieste, Magazzini Generali Milano,
Galleria Carini Becherini Firenze, Galleria Portanova 12
Bologna. Tra gli spazi pubblici l’Archivio di Stato Centro
Carlo Scarpa, Treviso; Teatro Lirico Giuseppe Verdi Trieste.
Nel 2018 ha ordinato un’ampia personale al Museo Nazionale
Villa Pisani di Stra: in quell’occasione ha realizzato
l’installazione site-specific “Ice Memory” presso la Coffee
House della Villa. L’opera è ora esposta ai Musei Civici di
Padova nella sezione di arti applicate presso Palazzo
Zuckermann. Nel 2021 ha partecipato al progetto “l’Erbario
in Viaggio” alla Design Week di Milano, al Festival
Letteratura di Mantova e al Festival di Filosofia di Modena.
Nel 2023 espone al Museo Dino Formaggio a Teolo e al Museo
del Paesaggio a Torre di Mosto (Ve). Pierantonio Tanzola: Che dici Sabrina…parliamo un po’ di te? Quale è stato il momento in cui hai compreso che il tuo mondo sarebbe stato quello dell’arte? Sabrina Notturno: È una bellissima domanda! Penso che i “primi momenti” risalgano ad alcune suggestioni dell’infanzia. Ricordo tra molte, la visione di alcune montagne di zolle di carbone di un colore nero intenso e lucente, mi sembrarono bellissime e ne ebbi un’attrazione fatale! Ancora oggi quando mi trovo a dover affrontare un lavoro, inconsciamente i miei riferimenti sicuri risalgono all’intensità di quella immagine e molte altre a me care, intrise di profumi, luoghi e atmosfere che solo l’averle amate ti dà il diritto di poterle usare. È un imprinting! La propria natura si palesa a piccoli passi, in una prossemica emozionale, in una libertà e originalità fisiologica, è la voglia di portare con sé il lungo respiro di una corsa a pieni polmoni, è il riverbero di una piccola luce interiore che ti fa comprendere la possibilità di poter leggere il mondo da innumerevoli punti di vista. È un lungo viaggio all’interno dei “chakra” dell’esistenza! Oltre a questo, mi piaceva moltissimo disegnare e dipingere, ma questo è un dettaglio! (sorrido). P.T.: Tutto quindi inizia da suggestioni infantili quando ancora si ha quello stupore che poi nella maggior parte dei casi va via via perdendosi per gli affanni quotidiani. L’artista, superando mille difficoltà, tende a mantenere questa visione, direi di più, questo disorientamento, che in qualche modo, attraverso la sua immaginazione spera di riorganizzare, mettendo nero su bianco le inquietudini, le paure e le ossessioni che lo accompagneranno per l’intera vita. E a proposito di bianchi e neri, mi viene da domandarti per quale motivo usi il monocromo, forse proprio per rievocare quella montagna di carbone di un colore nero intenso e lucente? Questo tipo di approccio con la realtà, ha un significato ben preciso per poter esprimere concetti per te importanti?
S.N.: Trovo che l’espressione della
rappresentazione attraverso il monocromo, si avvicini
maggiormente alla” supremazia” della sensibilità,
all’essenzialità dell’immagine pur nella sua complessità,
assumendo, nel mio caso, una luce atmosferica, simile a
quella onirica o ad un’immagine dell’inconscio; tutto ciò mi
avvicina a quell’idea forte di “purezza di visione”, che si
ha appunto in certi momenti dell’infanzia; un’idea di porto
sicuro da cui presagire ipotesi di viaggio straordinari, per
poi tradurli durante la vita, anche in esperienze a volte
limitanti dolorose o come dici tu “disorientanti”, ma è
all’interno del disorientamento la propria meta. È un oblio
da destrutturare, una fede da riconfermare, un mito da
riattraversare, molti segni neri su bianco a ricostruire e
ritrovare l’evocazione di quelle montagne nere di carbone
lucente.
|
|
Dialogo - Lorenzo Renzi
Lorenzo Renzi, classe 1939, è una delle figure di maggior
spicco della linguistica e della filologia italiane. Docente
di filologia romanza all’Università di Padova, è stato
presidente della Società di linguistica italiana ed è
accademico emerito dell’Accademia della Crusca. Nel 1973,
insieme a Tullio De Mauro, è tra i soci fondatori del Gruppo
di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica
(GISCEL), che nel 1975 pubblicherà le Dieci Tesi per
l’educazione linguistica democratica. Oltre alla filologia
romanza, si è dedicato allo studio della lingua e
letteratura romena, alla teoria e storia della retorica e
alla lingua e letteratura provenzale. È autore di varie
opere in campo linguistico, filologico e letterario. Insieme
a Giampaolo Salvi e Anna Cardinaletti, Lorenzo Renzi ha
curato la pubblicazione della Grande Grammatica Italiana di
Consultazione, opera di riferimento per lo studio e la
descrizione della sintassi dell’italiano, che ha raccolto il
contributo di numerosi linguisti. Questo lavoro ha ispirato
progetti analoghi anche in altre lingue. Si è interessato
allo studio del cambiamento linguistico, dedicandosi alla
descrizione degli errori grammaticali come esempi di
interessanti mutamenti in atto nella lingua. Pierantonio Tanzola: Lorenzo, qualche giorno fa mi raccontavi della tua prima vera passione che fu il disegno. Come nasce poi la svolta verso le lettere e la linguistica?
Lorenzo Renzi: Caro Pierantonio, ti ringrazio delle
parole di elogio, che non so quanto merito veramente. Ma
facciamo finta di sì, e che meriti che io scriva qui per te
e per i lettori de “L’argine” qualcosa della mia vita
passata, cominciando a rispondere alla tua domanda finale. P.T.: Eh… la poesia che, molto probabilmente, è il linguaggio più alto che ha l’uomo per esprimere la sua essenza. Per Heidegger questa rende possibile il disvelamento dell’essere, poiché è un linguaggio autentico. Per il grande filosofo tedesco i pensatori e i poeti sono i guardiani della dimora dell’essere. Con la poesia non è l’uomo che si pronuncia, ma il linguaggio stesso e per mezzo di questo si esprime l’essere. Mi chiedo e ti chiedo, quindi, se in quest’epoca, patria della velocità, del qui e ora, del mordi e fuggi, può ancora aver senso esprimersi con un linguaggio poetico e se la poesia può, in qualche modo, incidere nella società contemporanea.
L.R.: Io non credo che sia bene prendere come
paradigmatica l’idea di Heidegger sulla poesia. Heidegger si
riferisce certamente a un tipo di poesia come
manifestazione, rivelazione, dell’Essere, come quella di
Hölderlin. Avrebbe potuto riconoscerla anche in Paul Celan
che conobbe personalmente, ma, come si sa, mancò
l’occasione. Non credo che ne abbia cercati esempi in
culture del passato, o lontane dall’Europa, dove se ne
possono certamente trovare. Ma ci sono molti altri generi di
poesia, alcuni dei quali si dimenticano oggi troppo
facilmente, come quella epica, da Omero all’Ariosto. La
forma epica, seppure diventata breve e frammentaria, era
ancora viva nell’Ottocento, e un suo esempio è nella Légende
des siècles di Victor Hugo. Oggi per noi la poesia per
eccellenza è quella lirica, che procede per lampi
(Illuminations). Abbandoniamo volentieri Foscolo e perfino
Leopardi per Rimbaud. Ma Montale, per esempio, è solo in
parte un poeta orfico, è anche ironico e colloquiale. Io non
metterei limiti alla definizione di poesia, non la
rinchiuderei in un cerchio ristretto. Come l’erba o certi
fiori crescono sui prati, ma anche lungo le autostrade e
nelle fessure del cemento, così la poesia spunta in terreni
diversi. Sta a noi riconoscerla anche se è in forme nuove.
La poesia non è certo morta oggi, anche se il nostro tempo è
minacciato dalla velocità e dalla superficialità e stupidità
umana, come ricordi tu, e, si potrebbe aggiungere, anche dai
misfatti e dalle guerre, e in definitiva dalla cattiveria
degli uomini. Ma questa c’è sempre stata in tutti i tempi.
|
|
Inedito - Lettere dal fronte - Chiara Soldati e Andrés David Carrara
Nel 1941 la madre della giovane Elena M. mandò una
fotografia di sua figlia alla redazione del settimanale
“Tempo”, diretto all’epoca da Alberto Mondadori, per
permetterle di partecipare alla terza edizione del concorso
di bellezza precorritore di Miss Italia “Cinquemila lire, un
brillante ed un corredo per un sorriso”. Elena si qualificò
quattordicesima e la sua immagine venne pubblicata sul
numero 142 della rivista assieme al suo indirizzo. Da quel
momento iniziò a ricevere centinaia di lettere di soldati
impegnati sul fronte di guerra che le chiedevano di
intrattenere un rapporto epistolare per ricevere conforto
nei momenti di solitudine.
26-2-42 posta militare Gentilissima signorina Elena vi scrivo queste poche righe per farvi sapere che o letto il vostro nome sul il Tempo e ci stava scritto il vostro premio del concorso del sorriso. Vi prego di mandarmi una vostra fotografia così mi posso ricordare in questa terra della Croazia la mia bella città di Roma così ogni volta che guardo la vostra fotografia mi ricordo del mio paese vi prego di mandarla presto e mi dovete scusare se vi scrivo con questa lettera ma dovete sapere che dove mi trovo non potete sapere come si sta male sono in una montagna e ci sono quattro case come un villaggio (?) non ci sono ne francobolli ne carta ne aqua si beve aqua piovana ma speriamo che passa presto questa vita per ritornare tutti alle nostre case finisco di scrivere con i saluti a voi e ai vostri genitori. Vi scrive l’Artig Catarelli C.
Datemi la vostra risposta
Gentile Signorina,
sfogliando una rivista Tempo mi è rimasta impressa la vostra
foto, la semplicità e la bontà del vostro volto mi fanno
ricordare una persona che mi fu tanto cara, ora purtroppo è
morta. Saluti Gianni R.
|
|
Confronto - Mingle with
the Universe. Riflessioni e confessioni d’un artista / Eric
Andersen in conversazione con Marco Fazzini e Jacksie Saetti Eric Andersen è tra i massimi cantautori americani del Novecento ed esponente, assieme a Jackson Browne, Joni Mitchell e James Taylor, della cosiddetta “Me Generation”. Ha condiviso le ansie e le lotte dei suoi amici della Beat Generation, le platee di grandi tournée e festival con Bob Dylan, Grateful Dead, Buddy Guy, Janis Joplin e The Band, ma anche l’intimità dei piccoli club del Village di New York, e di altre capitali americane ed europee. Tra i suoi capolavori: Blue River (1972); Ghosts Upon the Road (1989); Beat Avenue (2003), e Mingle with the Universe (2017). Sulla sua vita e la sua opera, il regista Paul Lamont, nel 2020, ha completato un film dal titolo: The Songpoet.
Ci dici come e quando è
iniziata la tua carriera?
|
Ritratti - Marco
Manzella
Marco Manzella è nato a Livorno nel 1962, pittore e
disegnatore.
Ritratto di Marco Fazzini
|
Per i testi:
©Editoriale - Marco Fazzini
©Profilo - Sabrina Notturno, Pierantonio Tanzola
©Dialogo - Lorenzo Renzi, Pierantonio Tanzola
©Inedito - Chiara Soldati, Andrés David Carrara
©Confronto - Eric Andersen, Marco Fazzini e Jacksie Saetti
Per le immagini:
©Pierantonio Tanzola
©Marco Manzella
©Sabrina Notturno, Giovanni Durigon
©Chiara Soldati
©Eric Andersen
©Marco Fazzini