PIERANTONIO TANZOLA                                       

                                            

               

    

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L'ARGINE n° 2

aprile 2022 - luglio 2022
 

Continua l’avventura de “L’ARGINE”. Questo secondo numero si apre con un breve dialogo con il performer Andrea Contin che ci introduce nel suo universo in bilico tra ironia e drammaticità e dove i contenuti della sua arte si esprimono attraverso un rilevante e fondamentale coinvolgimento del corpo. Continueremo con una intervista a Pasquale Palmieri fotografo con lo sguardo molto vicino al “realismo magico” e che da anni racconta attraverso le sue immagini il lavoro dell’artista internazionale Mimmo Paladino. Architetto, predilige la rappresentazione dello spazio, senza tralasciare rilevanti riferimenti antropologici. Pier Luigi Olivi, artista, scrittore ma in questo caso specifico fotografo, ci proietta negli anni della leggendaria legge 180 di Franco Basaglia. Un suo racconto ci accompagna nel mondo dei manicomi di quel periodo, illustrandoci con alcune sue fotografie scattate in quei momenti, di cui alcune ancora inedite, l’avventura di Marco Cavallo simbolo della libertà riconquistata dagli internati. Segue il dialogo tra il pittore Andrea Martinelli con sua figlia Maria Serena, costumista, che tocca varie tematiche sulla complessità e le difficoltà che si incontrano nell’intraprendere la vita di artista. Il padre con grazia, infonde certezze, ma soprattutto dubbi che la figlia accoglie con consapevolezza e accettazione. Potremo leggere, inoltre, alcune poesie inedite della studentessa universitaria Chiara Lazzaretto. Diverse sono pensate e scritte in inglese e poi tradotte da lei stessa in italiano. Temi come il mito e la storia evocano mondi passati, ma resi attuali per mezzo dell’eterno e universale linguaggio dell’amore. Come oramai di abitudine ad ogni inizio contributo ci saranno dei ritratti eseguiti appositamente per “L’ARGINE: in questo numero sono stati realizzati dalla pittrice Greta Bisandola.

 

contenuti della rivista:
Editoriale - Pierantonio Tanzola
Introduzione - Andrés David Carrara, Giorgio Macii, Carla Tanzola, Pierantonio Tanzola
Profilo - Andrea Contin
Dialogo - Pasquale Palmieri
Inedito - Pier Luigi Olivi
Confronto - Maria Serena e Andrea Martinelli
Under 25 - Chiara Lazzaretto
Ritratti - Greta Bisandola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Profilo - Andrea Contin
 

Andrea Contin (Padova, 1971), vive e lavora a Milano. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bologna e laureato in Psicologia all’Università di Padova, affianca alla ricerca artistica l’insegnamento, la curatela, la scrittura critica e l’attività nel sociale. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero, ha partecipato a premi e residenze, tenuto seminari e conferenze in musei e istituzioni e insegnato al Liceo, in Accademia, all’Università, in Comunità per minori e in carcere.

Pierantonio Tanzola: Le performance di Andrea Contin mi turbano, disturbano e divertono allo stesso tempo. L’immedesimazione con l’artista nel momento della presentazione dell’evento – in questo caso non si tratta di rappresentazione, bensì di presentazione – mi trascina in una realtà inconscia sia personale che collettiva, vissuta, presente e cosciente, decodificandola tramite un linguaggio alle volte ironico altre volte intenso e drammatico. Chi assiste non è solo spettatore, ma viene coinvolto psicologicamente, cosa che, mediante l’epifania dell’atto creativo, induce alla consapevolezza della nostra transitorietà esistenziale. Una sorta di bellezza panica, non di carattere romantico, direi più ancestrale, primaria. Quello che intendo dire è che partecipando agli happening di Andrea non si può rimanere estranei a ciò che accade, poiché da subito ci si riconosce fragili, mortali, ma eternamente vivi, essendo capace l’artista di mettere in scena, oltre ad una sorta di memento mori, una disperata affermazione di rinascita proclamata e celebrata attraverso il riscatto dell’ironia.

Andrea ti sei diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nell’immaginario collettivo si pensa che di solito diplomandosi in una accademia d’arte le strade da percorrere siano quelle della pittura o della scultura, insomma delle arti plastiche. Credo sia interessante per conoscerti meglio, sapere quale è stato il tuo percorso che ti ha portato alla performance.

Andrea Contin: Arrivai a Bologna nel 1993 dopo un periodo cupo all’Accademia di Venezia, dove il momento più formativo era stato quello dell’occupazione del Novanta e dove, di prassi, eravamo immersi in un mondo fittizio di scontro tra figurativi e astrattisti, neanche fossimo stati negli anni Cinquanta, mentre fuori succedeva di tutto, dal Post Human agli Young British Artists, solo per dirne un paio. Una bolla isolata e olezzante di olio di lino e trementina che mi prese a nausea e mi portò fortunatamente allo scontro frontale con un mondo non mio, fino a farmi scappare altrove. Approdato a Bologna trovai i miei Maestri, Concetto Pozzati in primis e poi Severino Storti Gaiani, docente burbero e geniale a cui devo buona parte del mio metapensiero sull’Arte, che un giorno mi disse che non ero un pittore per indole e che, casomai, avrei dovuto fare performance perché ero un esagitato. La lezione successiva gli arrivai silenzioso alle spalle, gli feci prendere un grande spavento e, quando stava per defenestrarmi, gli dissi sorridente: performance! Credo sia cominciato tutto lì, grazie a persone di un livello culturale, artistico e umano altissimo che mi hanno aiutato prima di tutto a centrare un’identità ancora indefinita e frammentata.


 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dialogo - Pasquale Palmieri

Pasquale Palmieri. Vive e lavora a Benevento, dove alla Fotografia affianca il mestiere di architetto.
Per anni racconta il lavoro di M. Paladino, artista fra i più inclini a confrontarsi con lo spazio. Predilige la documentazione la rappresentazione dello spazio e la documentazione dell’art in progress, in tutte le sue forme, da quelle figurative al cinema, realizzando numerose mostre e lavorando a numerosissime pubblicazioni con le principali case editrici specializzate in arte.
Realizza le foto di scena del film Quijote (2006), di Mimmo Paladino, con Lucio Dalla e Peppe Servillo, per le quali vince il primo premio per la sezione sequenza in Bianco e Nero al concorso nazionale per la fotografia di Scena di Cesena. Realizza le foto di scena di Labirinthus, di M. Paladino con Alessandro Haber,   per programma di Sky Arte sulla lettura con Mimmo Paladino e Stefano Accorsi, per il film Inferno, di Mimmo Paladino, con Toni e Peppe Servillo, Elio De Capitani ecc.

 

Pierantonio Tanzola: Con Pasquale Palmieri ho da subito percepito un’affinità elettiva che corrisponde ad una comunanza di intenti nei confronti della fotografia. Devo aggiungere, inoltre, che è nato a Benevento, in Campania, Terra di mio padre e questo non è fattore secondario, perché si cela nelle sue fotografie il sentimento di una patria spirituale, un luogo dell’anima che rende il suo lavoro analogo al mio. Questo si traduce nella sua netta capacità di percepire gli eventi nel momento in cui accadono. Rapisce gli attimi, non reali, ma veri poiché il momento ritratto non è bloccato, ucciso, ma sospeso. Non c’è il sapore dell’attimo decisivo, ma evocativo. Nelle sue fotografie si può decifrare un momento verità che nella realtà non potremmo mai percepire. Pasquale ci offre questo: l’essenza di quell’evento, l’epifania di ciò che effettivamente non avremmo mai potuto identificare. Le sue immagini non ritraggono cose esatte, ma manifestano cose vere. E questa è la sua potente cifra.

Pasquale, mi raccontavi qualche tempo fa, che il tuo amore per la fotografia è nato dall’aver frequentato lo studio fotografico di tuo nonno. Trovo questa storia molto interessante, perché alle volte si può comprendere che la vita inizia il suo percorso attraverso una fascinazione infantile, innocente, che ci accompagnerà, senza mai finire di stupirci, per tutta la nostra esistenza. Vuoi raccontarci come è accaduto?

Pasquale Palmieri: Grazie Pierantonio! Che bello scoprire una origine comune in questa mia terra del sud, ma nebbiosa e metafisica come la città che ti ospita! Iniziamo però questo viaggio ancora più a sud. Per ragioni di lavoro dei miei genitori ho trascorso gran parte della mia infanzia con i miei nonni materni in un paesino del Salento, Minervino di Lecce, con una nonna sarta e un nonno fotografo. Mio nonno era diventato fotografo per passione, non tanto per la fotografia quanto per la donna di cui era innamorato. Da giovane era stato un finanziere, trasferito negli anni trenta in terra d’Otranto. Qui conobbe una giovanissima ed elegante ragazza per la quale perse la testa. All’epoca i militari non potevano sposarsi prima di aver raggiunto una età matura ma la passione di Andrea (era questo il suo nome) non poteva aspettare. Non esitò a congedarsi dalla Guardia di Finanza per coronare il suo sogno d’amore, ma aveva bisogno di un nuovo lavoro. Fu proprio Gesuina, la donna che gli aveva rubato il cuore, ad incoraggiarlo a far diventare mestiere un suo diletto, la Fotografia. 
Il mestiere di fotografo era praticato pochissimo nel Salento degli anni ’30, e mio nonno pian piano aprì numerosi studi anche nei paesini circostanti: Otranto, Santa Cesarea, Palmariggi… Si recava al mattino con la sua lambretta in un paese ogni giorno diverso, e scattava le foto nei suoi studi: foto per documenti, ritratti destinati ai parenti emigrati, soldati in partenza, ma anche sposi, tanti sposi che all’epoca, secondo l’uso, passavano dallo studio del fotografo per quell’unico ritratto da incorniciare! La sera Andrea tornava a casa. Qui si chiudeva in un luogo buio, nel quale mi era assolutamente vietato entrare, e ne usciva con bacinelle ripiene di acqua e di fogli di carta brulicanti di vita. 
Per me il mestiere di mio nonno, che era severo ed ombroso come quella camera, ruotava attorno a un mistero. Io non osavo fargli domande, e una esperienza non spiegata accresce il mistero.
Io venivo su ombroso e curioso come lui. Le conoscenze me le ha trasferite per osmosi, senza quasi mai rivolgermi la parola. Questa esperienza originaria, questa spinta a penetrare un mistero che si nasconde, mi ha plasmato per tutta la vita. Non ho mai avuto bisogno di maestri a cui rivolgere domande, ma sono sempre stato attratto dalle figure capaci di fare affiorare la bellezza dal buio.
 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inedito - Pier Luigi Olivi

Pier Luigi Olivi. Adolescente, frequenta il mondo dell’arte, amicizia con artisti veneziani. Nel ’70 pubblica Il Compagno 0143648. Dal ’65 all’ ’85 la passione per la fotografia, obiettivo su lotte sociali e il mondo dell’arte. Tra i fondatori e animatori del Circolo Culturale La Comune che porta a Venezia il teatro del premio Nobel Dario Fo. Nel ’75 il racconto Furia, cartella con incisioni di 6 artisti, prefazione Cesare Zavattini, esposizione alla Galleria d’Arte il Traghetto, Venezia. 1986: Murrine, poesie con serigrafie di 3 artisti, prefazione Nantas Salvalaggio, Editrice Cafoscarina, mostra alla Galleria Il Traghetto. Idea e produce la guida Venezia Cannaregio, edita in quattro lingue, fotografie di Graziano Arici. Nell’87 Dieci poesie e il libro della canzon d’amore, illustrazioni Luigi Gardenal, prefazione Enzo Di Martino, Editrice Cafoscarina, esposizione alla Galleria d’Arte Il Traghetto; Venise Venise, mostra di poesia e arte alla Galerie d’Art Contemporain St-Ravy-Demangel, Montpellier. 1988: Poème à porter, presentazione e mostra al Londra Palace Hotel, Venezia. 2012: ‘scopre’ The Vice of Reading di Edith Wharton, inedito in Italia, lo pubblica con la sigla OLIBELBEG VENEZIA. Progetta il libro d’arte VENEZIA VENEZIA, poesia di Pier Luigi Olivi, immagini di Luigi Gardenal, prefazione Salvatore Settis, nota di Mario Stefani, Edizioni My Monkey, 2019. Nello stesso anno realizza La BiBiennale di Venezia e Suite Veneziana. Nel 2020 Carnival, Planet 2020 e La Terza Colonna. La BiBiennale di Venezia è un project in progress con opere composte da testi e immagini in stampa digitale, con la partecipazione di Salvatore Settis, Tomaso Montanari, Francesca Brandes. Un filo rosso di continuità, to America with Love.
 

Pier Luigi: Mi sembra di avere conosciuto Vittorio Basaglia negli anni ‘66 o forse ’67, probabilmente in contesto artistico o forse politico. Erano anni in cui spesso ci si riuniva in collettivi o assemblee per discutere di come contribuire attivamente ai cambiamenti sociali, politici e artistici che stavano avvenendo. Eravamo entrambi iscritti al PCI, lui nella sezione di San Polo io in quella di Cannaregio. Pochi anni dopo io avrei abbandonato il Partito Comunista per Avanguardia Operaia. Vittorio invece è rimasto iscritto al PCI. Con il ’68 i nostri rapporti si sono fatti più frequenti. Ci si trovava in spazi pubblici, nell’Accademia di Belle Arti occupata dagli studenti nell’aprile di quell’anno, in sedi di associazioni o di partiti politici, semplicemente a casa di qualcuno. Ci si avviava alle date della famosa “contestazione alla Biennale”, finita poi con intervento massiccio della celere e le cariche ai manifestanti in Piazza San Marco. Durante quella contestazione la quasi totalità degli artisti italiani che dovevano partecipare alla Biennale ha deciso di ritirare le proprie le opere. Durante queste assemblee all’Accademia ho avuto occasione d’incontrare anche Gastone Novelli e Pino Pascali, con quest’ultimo ricordo che ho avuto anche una discussione-scontro (probabilmente sulla partecipazione o no alla Biennale). Insomma... erano anni di intenso dibattito e di scontri! L’anno prima invece avevo conosciuto Giuliano Scabia nella sede del Centro di Documentazione Rosa Luxemburg, di cui ero membro e uno dei tanti fondatori.

Altri momenti di festa e gioia nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Trieste. Sulla sinistra Marco Cavallo in fase di lavorazione. (foto Pier Luigi Olivi - Archivio Graziano Arici)
Al centro, davanti allo scheletro della scultura appena abbozzata, con la barba e gli occhiali, Vittorio Basaglia. Di spalle davanti a lui il pittore Federico Velludo, sulla destra un medico dell’ospedale (foto Pier Luigi Olivi - Archivio Graziano Arici)
 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Confronto - Maria Serena e Andrea Martinelli
 

Andrea Martinelli (Mistràl) è nato a Prato il 12 marzo 1965, città dove attualmente vive e lavora. Dopo essersi diplomato all’Istituto d’Arte di Porta Romana a Firenze, nel 1988 vince il premio Tito Conti, grazie al quale l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze gli assegna come borsa di studio un atelier in Piazza Donatello per la durata di cinque anni. In quel periodo dà vita a una serie di opere dal titolo Senescenze, che attirano l’attenzione del critico e storico dell’arte Giovanni Testori. Tra il 1992 e l’anno seguente nascono dunque imponenti ritratti di anziani e del nonno Dino, in cui l’artista si concentra con singolare perizia nell’impietosa e ossessiva definizione dei tratti somatici. In queste opere emerge la forte attenzione per il disegno, tecnica che nel corso degli anni acquista un predominante interesse nella sua ricerca. Nel dicembre del 1993 questi lavori vengono riuniti presso le sale dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, e poi, l’anno seguente, alla Compagnia del Disegno di Milano con un testo in catalogo di Maurizio Cecchetti.
Da quel momento intraprende un’importante attività espositiva in Europa, che porta le sue opere in mostre personali a Strasburgo al Parlamento Europeo, al Frissiras Museum di Atene, allo Scheringa Museum di Amsterdam, al Panorama Museum di Bad Frankenhausen in Germania, alla Fondation Rustin di Anversa e al Museo della Permanente di Milano. Nel 1999 espone alla XIII Quadriennale di Roma, e in quest’occasione è premiato dalla Camera dei Deputati con l’acquisizione della grande opera “ Grandfather/ Interno 2” che entra a far parte della Collezione del Parlamento italiano.
Partecipa all’Esposizione Internazionale della Biennale di Venezia nel 2003 e nel 2011. Nel 2011, in concomitanza con la sua partecipazione al Padiglione Italia diretto da Vittorio Sgarbi, lo stesso padiglione promuove una sua mostra personale presso il Museo Pecci di Milano in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Per questa mostra la Betty Wrong e il Gruppo Terna, per la regia di Elisabetta Sgarbi, producono un documentario dal titolo Andrea Martinelli-Lotta silenziosa. La mostra, curata da Vittorio Sgarbi e Marco Bazzini, sarà corredata anche dagli scatti fotografici del grande fotografo e amico Gianni Berengo Gardin.
Nel 2013 l’artista dona alla Galleria degli Uffizi, su volontà del Direttore Antonio Natali, l’autoritratto dal titolo La Bocca. Per l’occasione, nella Sala del Camino della Galleria degli Uffizi, viene allestita una mostra personale in cui, oltre all’autoritratto donato, sono presentati anche i disegni e i bozzetti preparatori, accompagnati dagli scatti in bianco/nero di Gianni Berengo Gardin, eseguiti durante il lavoro preparatorio dell’opera.
Nello stesso anno al Museo Civico di Palazzo Pretorio a Prato, città dell’artista, viene presentata la mostra Hyper-portraits. Il mondo di Andrea Martinelli, una mostra sperimentale in cui le opere dell’artista diventano l’oggetto delle installazioni video-interattive realizzate da Digital Contemporary Museum, mostra ideata e creata da Elisabetta Rizzuto, che da quel momento diventa la sua fedele collaboratrice.
Nel 2015 Martinelli realizza Mistral, un cortometraggio per la regia di Alessandro Pucci. Il film è presentato in anteprima al Centro per l’Arte Contemporanea di Prato. Nel settembre del 2017 la Casa Editrice Le Lettere di Firenze pubblica un libro dei diari dell’artista dal titolo “Il volto, l’ombra, la memoria - pagine di diario 1992/2017”. Questo libro, curato da Stefano Crespi per la collana Atelier/Laboratorio, è presentato prima a Firenze al Gabinetto Vieusseux, e poi a Prato presso la Galleria Farsetti.
Nel Marzo 2018 presso il Palazzo Ducale di Urbino viene inaugurata la mostra antologica dal titolo L’ombra, gli occhi e la notte curata da Vittorio Sgarbi con il contributo di Moni Ovadia e Paolo Crepet. Nel Settembre 2019 la Fondazione Giorgio Conti organizza una grande mostra presso Palazzo Cucchiari a Carrara dedicata agli ultimi venti anni della produzione di Martinelli. Il progetto espositivo dal titolo Storie di uomini e ombre. Opere 1999-2019 è curato da Massimo Bertozzi e Antonio Natali.
Nel 2020, in concomitanza con il grande evento “ Van Gogh/ I colori della vita”, espone una personale al Centro San Gaetano di Padova dal titolo “ Gli occhi del tempo/ Il mondo di Van Gogh in 36 ritratti” a cura di Marco Goldin. All’interno della mostra saranno esposti anche i costumi che la figlia Maria Serena ha realizzato per ogni personaggio ritratto e interpretato dal padre.
Dal 2004 è membro dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Tra le firme che hanno accompagnato le sue mostre ricordiamo Flavio Arensi, Marco Bazzini, Luca Beatrice, Mario Botta, Carlo Castellaneta, Maurizio Cecchetti, Paolo Crepet, Stefano Crespi, Marco Di Capua, Michael Draguet, Franco Fanelli, Marco Goldin, Gerd Lindner, Ada Masoero, Alda Merini, Antonio Natali, Edoardo Nesi, Moni Ovadia, Vittorio Sgarbi, Edward Lucie Smith, Marco Vallora, Sandro Veronesi.

Maria Serena Martinelli nasce il 18 luglio del 1993 a Prato, città riconosciuta a livello internazionale per la sua ricerca in ambito tessile e la sua cultura per la moda.
Nasce così una grande passione fatta di tessuti, colori e telai.
Diplomata nel 2013 all’Istituto d’Arte Policarpo Petrocchi di Pistoia in “Arte della Moda e del Tessuto”, decide di approfondire la sua passione per la sartoria.
Tra il 2015 e il 2017 si specializza in “Taglio e Cucito”, presso la Scuola Professionale di Taglio e Confezione di Angela Vaggi Tei a Prato, acquisendo così un attestato di qualifica professionale in addetto alla realizzazione, rifinitura e stiratura di capi di abbigliamento approfondendo lo studio con materie come: inglese, storia della moda e del costume, rifinizione e cuciture (macchina piana e taglia e cuci), merceologia tessile, marketing, Auto cad software, disegno (bozzetti per la moda).
Dopo qualche esperienza lavorativa in ditte di pronto moda tra Prato e Firenze, partecipa e vince ad un bando della regione Toscana per la Sartoria Teatrale e lo spettacolo a Firenze, in collaborazione con L’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, il Teatro della Pergola e la Fondazione Cerratelli di Pisa.
Terminato il corso nel luglio del 2019 si qualifica in “Tecnico dell’esecuzione e riadattamento di capi di abbigliamento per lo spettacolo”.
Nel 2019, in collaborazione con il padre Andrea Martinelli, realizza un progetto speciale dedicato alle grandi opere di Vincent Van Gogh in cui unisce la ricerca del costume storico all’arte contemporanea, realizzando fedelmente gli abiti indossati dai vari personaggi ritratti da Van Gogh e poi reinterpretati nelle opere di Martinelli.
Ricchi di fascino e suggestioni, i costumi sono stati selezionati dal curatore Marco Goldin, divenendo parte del percorso espositivo della mostra Andrea Martinelli Gli occhi del tempo che vede in dialogo le opere del maestro olandese con le opere del contemporaneo Martinelli.

Andrea Martinelli: Qualche giorno fa ho ritrovato per caso nel mio archivio fotografico, una vecchia foto che ci ritraeva insieme. Era una foto scattata in occasione della mia prima importante personale all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, e tu eri piccolissima e dolcissima tra le mie braccia. Avevi pochi mesi. Era il 1993. Io mi affacciavo per la prima volta al meraviglioso mondo dell’arte, e tu alla vita.
Ricordo bene quei momenti, e ricordo soprattutto il tormento che mi portavo dentro, misto a felicità. Ero felice di averti e mi scoppiava il cuore di gioia, ma ero già tormentato al pensiero del ruolo che avevo deciso di intraprendere. Ero un padre, ma anche un pittore senza una lira e con un futuro tutto in salita e, soprattutto, assai rischioso.
Da quel giorno sono trascorsi ben ventinove anni, e il prossimo anno, oltre a festeggiare i tuoi meravigliosi trent’anni, festeggeremo anche i miei trent’anni di carriera. Anni difficili, anni duri, ma anche momenti belli come quelli vissuti appena un anno fa a Padova, che ci ha visto protagonisti insieme per la prima volta in una esposizione al Centro San Gaetano accanto ad una leggenda del mondo dell’arte: il grande Vincent Van Gogh. Io con i miei dipinti, tu con i tuoi splendidi costumi, e a pochi metri le tele e i disegni del grande maestro olandese.
Adesso, però, che riprendo in mano quella foto, provo una grande nostalgia. A volte ho come la sensazione di provare rabbia per i “ricordi”. Soprattutto per quelli belli. Sento la pesantezza di qualcosa che non c’è più, che è già passato, e che non si può più ripetere. Si, lo so che è una sensazione assurda, ma spesso, soprattutto negli ultimi tempi, questo è ciò che provo di fronte ad un lontano ricordo. E più passa il tempo, più i ricordi si fanno pesanti. Forse è per questo che dipingo ossessivamente il volto umano. È la mia necessità di mantenere in vita la vita. Se fosse possibile dipingerei e disegnerei i volti del mondo intero, soprattutto adesso che i nostri occhi devono di nuovo (e incredibilmente) vedere l’orrore di una guerra.
L’arte, la mia arte, mi ha sempre salvato. E spero che questo valga anche per te.
Ma io ti ho visto al lavoro quando costruivi i vestiti per questa mostra. Ho visto l’amore nei tuoi occhi, e questo mi basta per capire che anche tu ti salverai.

Maria Serena: Mi domando spesso cosa significhi essere un vero artista. Appena un anno fa abbiamo esposto insieme le nostre opere in questo meraviglioso evento, e questo mi ha portata a riflettere su me stessa e sul mio percorso artistico, che è solo all’inizio. Sinceramente pensavo che non sarei mai riuscita a realizzare qualcosa che fosse all’altezza della situazione, ma allo stesso tempo non mi sarei mai perdonata se non lo avessi fatto. Per molti essere “figlia d’arte” è come avere la strada tutta in discesa. Invece non è così. Anzi, collaborare insieme, mi ha messo davanti agli occhi la realtà. Solo oggi, a quasi trent’anni d’età mi rendo conto di non essere nemmeno all’inizio del mio cammino artistico.
Ho ancora moltissima strada di fronte a me, ma le tue parole mi danno forza e mi incoraggiano a dare sempre il meglio. La bellezza salverà il mondo, e spero tanto, almeno in piccola parte, di poter contribuire anche io.
 

La ragazza col cappello di paglia (studio), matita, pastello e acquarello su carta, cm. 40x27
Abito per la contadina di Auvers, abito intero in crepe de chine a pois con gioiello su colletto, cappello in paglia e grembiule bianco in cotone (Alessandro Pucci Studio Fotografico)
Joseph e le ombre (studio n.2), matita e acquarello su carta, cm. 40x27

Under 25 - Chiara Lazzaretto
 

Chiara Lazzaretto è nata a Padova nel 2002 dove vive e studia Lingue all’università.

Vetri di bottiglia

Molteplici rintocchi inesorabilmente
si rincorrono, pregni della stasi
che intangibile precede il caos,
invalicabile muraglia d’acqua
in tempesta e abisso che si squarcia
lasciando i piedi a incespicare e
ad agitarsi nel vuoto, la terra non più
scalfita dallo scorrere dei passi.

L’immobilità si infrange, vetri di bottiglia
sotto le mie scarpe scricchiolano
di un mormorio di rivincita contro il loro
triste epilogo, smeraldi levigati dalla sabbia
che hanno smesso di brillare e ora
i bambini scambiano per pietre rare
ma sono solo cocci, frammenti,
detriti scoloriti dal sole.

Forse è questo che siamo: vetri di bottiglia
dispersi nella sabbia, che rimpiangono
la loro integrità portata via in un attimo
da uno sbuffo di noia, o da uno stupido
errore senza senso, o da un eccesso
di rabbia impossibile da trattenere dentro,
che la vita leviga e fa sbiadire perché
questo è il destino di un detrito.

il ritratto di Chiara Lazzaretto è di Greta Bisandola
 

Greta Bisandola
 

Greta Bisandola (Monselice 1976) diplomata in grafica inizia la sua carriera di illustratrice nel 1996, collaborando con agenzie pubblicitarie e case editrici.  Avvicinandosi sempre più alla pittura, dal 2006 comincia ad esporre le sue opere in sedi nazionali ed internazionali tra le quali Kunsthaus Tacheles (Berlino), Palazzo Durini (Milano), Museo Civico (Bassano del Grappa), Museo Diocesano (Padova), Museo Civico (Asolo). Entra a far parte con i suoi lavori nel progetto The Bank Contemporary Art Collection.
Vive e lavora a Padova.

foto Andrea Rosset

 



 

Per i testi:
©Editoriale - Pierantonio Tanzola
©Profilo - Andrea Contin, Pierantonio Tanzola
©Dialogo - Pasquale Palmieri, Pierantonio Tanzola
©Inedito - Pier Luigi Olivi, Andrés David Carrara
©Confronto - Maria Serena Martinelli, Andrea Martinelli
©Under 25 - Chiara Lazzaretto

Per le immagini:
©Andrea Contin, Simone Falso
©Pasquale Palmieri
©Pier Luigi Olivi, Archivio Graziano Arici
©Maria Serena Martinelli, Alessandro Pucci Studio Fotografico
©Andrea Martinelli
©Greta Bisandola

ISBN 979-12-81023-00-0
Il secondo numero della rivista L'ARGINE si può acquistare al prezzo di 15,00 euro effettuando un bonifico intestato a Andres David Carrara IBAN: IT35Z0344216000000042755818. La spedizione è gratuita con "piego di libri". Per velocizzare la spedizione inviate per cortesia la copia del bonifico a info@mymonkeyedizioni.com specificando l’indirizzo di spedizione e i propri dati fiscali (nome, indirizzo di residenza e partita iva o codice fiscale) per permetterci di compilare la fattura della vendita.

 

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