PIERANTONIO TANZOLA                                       

                                            

               

    

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L'ARGINE n° 1

dicembre 2021 - marzo 2022
 

Inizia l’avventura de “L’ARGINE”. Una serie di fotografie che ritraggono paesaggi architettonici di Marco Introini, fotografo, architetto e allievo di Gabriele Basilico, aprono il primo numero della rivista. Una breve intervista ci introdurrà alla sua poetica fatta di silenzi e di attimi solenni. Lo scrittore e poeta, nonché Homo RadixTiziano Fratus, attraverso un dialogo con uno dei fondatori de “L’ARGINE”, ci immerge nel suo mondo popolato da boschi e alberi millenari, raccontando, inoltre, alcuni aspetti della sua vita privata e il rapporto con l’editoria. Silvia Bottani, scrittrice e critica d’arte, ci ha consegnato un suo racconto inedito. Attraverso la rappresentazione di una realtà distopica viene narrata, con grande pathos, un’umanità futura e ciò che potrebbe accadere se non verrà creato tempestivamente un “argine” atto ad arrestare eventi indesiderati e catastrofici. Il sogno inteso sia oniricamente sia come scopo individuale, elemento essenziale in ogni epoca per una progressiva crescita dell’umanità, sarà protagonista di questa avventura. Il confronto tra il pittore e incisore Silvio Lacasella e suo figlio Pietro diventa un’occasione per quest’ultimo di dialogare confidenzialmente con il padre. Le domande di Pietro sul metodo di lavoro di Silvio ci introducono alla poetica del pittore, nonchè a una conoscenza più approfondita dell’uomo-artista. In diversi momenti anche per il figlio alcune osservazioni diventano opportunità per conoscere più intimamente il padre. L’ultimo intervento sarà quello di Francesca Fabris, padovana e studentessa universitaria di Storia a Bologna. Si discute sul rapporto tra scienza e magia nell’epoca di Giordano Bruno, tema attuale in questo periodo di scontri tra una scienza altamente tecnologica e un altro tipo di approccio scientifico più naturale e tradizionale. Ad accompagnarci in entrata ad ogni contributo ci saranno i preziosissimi ritratti di Nicola Nannini, pittore di Cento. Realizzati a matita per l’occasione, danno un elegante e raffinato sostegno a tutto il volume.

 

contenuti della rivista:
Editoriale - di Pierantonio Tanzola
Introduzione - di Andrés David Carrara, Giorgio Macii, Carla Tanzola, Pierantonio Tanzola
Profilo - Marco Introini
Dialogo - con Tiziano Fratus
Inedito - Quello che porta il temporale di Silvia Bottani
Confronto - Viaggiare con lo sguardo di Silvio e Pietro Lacasella
Under 25 - I “se” della Storia: la magia rinascimentale di Francesca Fabris
Ritratti a matita - Nicola Nannini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Profilo - Marco Introini
 

Marco Introini (Milano 1968). Laureato in architettura presso il Politecnico di Milano. Fotografo documentarista di paesaggio e architettura, è docente di Tecniche della rappresentazione dello spazio presso il Politecnico di Milano e di Fotografia dell’architettura presso la scuola di fotografia Bauer. Inserito nei venti fotografi di architettura protagonisti degli ultimi dieci anni da Letizia Gagliardi in "La Misura dello Spazio" (Contrasto 2010). Nel 2015 ha documentato l’architettura dal dopoguerra ad oggi in Lombardia per la Regione e MIBACT, viene invitato da OIGO (Osservatorio Internazionale sulle Grandi Opere) alla campagna fotografica sulla Calabria, "The Third Island". Il progetto Milano Illuminista, viene selezionato dal "Fondo Malerba per la Fotografia". Nel 2016 ha esposto "Ritratti di Monumenti" al Museo d’Arte Moderna MAGA; partecipa alla XXI Triennale con "Warm Modernity_Indian Paradigm" (curato da Maddalena d’Alfonso) che, con omonimo libro, ha vinto il "RedDot Award 2016". Nel 2018 è stato impegnato nei progetti: "Mantova, architetture dal XII secolo al XX secolo" (Politecnico di Milano); "Ormea: segni del paesaggio per il progetto Nasagonado Art Project", e con Francesco Radino "Gli scali ferroviari di Milano" per la Fondazione AEM. Nel 2019 è stato invitato alla residenza d’artista Bocs Art Cosenza e nello stesso anno è stato invitato a realizzare un progetto fotografico sulle repubbliche marinare per la Biennale di Architettura di Pisa curata da Alfonso Femia.
Le sue opere sono conservate alla Fondazione MAXXI, CSAC, Museo MAGA, Fondazione AEM.

Pierantonio Tanzola: hai mai avuto la sensazione di cogliere in quel momento, l'attimo di eterno, di immutabilità, il noumeno delle città che è pressochè improbabile incontrare nella vita quotidiana?
Marco Introini: senza dubbio l’immutabilità, ma questo è intrinseca alla fotografia e forse ancora di più per la fotografia di architettura o in generale di paesaggio, quello che registriamo è un momento preciso della vita di ciò che includiamo nell’inquadratura; cogliere l’eterno direi di no perché anche l’architettura è il paesaggio sono in divenire; anche perché 'cogliere l’eterno' mi fa un po’ paura. Lavorare alla mattina molto presto mi consente di non avere persone e di concertare l’attenzione di chi guarda la fotografia verso l’architettura e la città, non avendo rumori visivi ma anche rumori acustici che inconsciamente sentiamo vedendo automobili, scooter, bus, e persone porta ad una percezione più nitida dello spazio.


 

 


Dialogo - con Tiziano Fratus

Tiziano Fratus abita una casa di fronte al bosco e coltiva una pratica quotidiana ed essenziale di buddismo. Nel corso degli ultimi due decenni ha pellegrinato in foreste maestose, meditando nei tronchi cavi delle grandi sequoie californiane quanto dei castagni e degli ulivi monumentali, ha attraversato riserve naturali, parchi storici, orti botanici e coniato concetti quali Homo RadixSilva itinerans e Dendrosofia, dei quali ha scritto in reportage e articoli per quotidiani – fra gli altri “La Stampa”, “la Repubblica”, “il manifesto” e “La Verità” – e trattato in programmi radiofonici. Ha cucito i capitoli di un vasto silvario in prosa e in versi compreso fra “la carta e la corteccia”, di cui sono parte le opere "Giona delle sequoie" (Bompiani), "Manuale del perfetto cercatore d’alberi" (Feltrinelli), "L’Italia è un bosco" (Laterza), "I giganti silenziosi" (Bompiani), "Il bosco è un mondo" (Einaudi), "Sogni di un disegnatore di fiori di ciliegio" (Aboca), "Poesie creaturali" (LDN), "Ogni albero è un poeta" (Mondadori), "Il libro delle foreste scolpite" (Laterza), "Interrestràre" (Lindau), "Il sole che nessuno vede" (Ediciclo), "Il tessitore di foreste" (Amazon Kindle) e "La fiabelva gotica Waldo Basilius" (Pelledoca). La sua poesia è stata tradotta in dieci lingue e pubblicata in una ventina di paesi. È voce dei grandi alberi per il programma «Geo» di Rai 3. Il suo sito è studiohomoradix.com.
Per Feltrinelli ha pubblicato due raccolte di poesie – "Un quaderno di radici" e "Vergine dei nidi", collana ZoomPoesia, il "Manuale del perfetto cercatore d’alberi" nell’Universale Economica ed il nuovo "Alberi Millenari d’Italia", (Gribaudo).

Pierantonio Tanzola:
 Trovo molto affascinante il concetto di Crononauta, individuo che attraverso l’incontro e lo studio di alberi o paesaggi prende coscienza di epoche passate. Analogo è il lavoro dello storico e dell’antropologo con la differenza che questi approfondiscono fatti ed eventi di natura umana per osservare possibili attinenze con il tempo presente. Si può dire lo stesso per un dendrosofo e quindi per il crononauta?
Tiziano Fratus: Ciao Pierantonio, grazie per queste parole che ci scambieremo e auguri per questa tua e vostra nuova rivista. Il viaggio nel tempo è una dimensione che tutti affrontiamo e impariamo a conoscere. Affrontiamo il tempo e lo scacco che esiste fra il nostro attuale stato d’animo e pensiero e il passato prossimo o remoto che ci precede e circonda, quanto le attese e le paure che il futuro può riservare. Siamo come quella famosa barchetta che cerca un equilibrio fra i flutti del mare, talora mosso, talora in tempesta e talora piatto come una tavola. Gli alberi sono trasformatori: per vivere trasformano il sole e l’acqua, i sali e l’umidità in tutto quel che a loro occorre per trasformarsi e adattarsi. E sono trasformatori per noi, animali animati e più o meno pensanti, che viviamo per la maggior parte della vita dentro la nostra testa, nei feticismi che creiamo e a cui ci aggrappiamo, a partire da quel voluminoso ego di cui siamo tanto ossessionati. Marcire e meditare in natura possono essere delle vie per alleviare questa dipendenza volontaria. Uno degli aspetti che mi porta a incontrare spesso alberi plurisecolari o addirittura millenari risiede proprio nel fascino rovinoso del tempo che ha lavorato su queste sculture viventi, inesauste, fruste, logore, piegate, o magari ancora nel pieno delle loro energie, del loro vigore, compatte, maestose, quasi indifferenti al resto del creato, come le divinità che pensavamo sull’Olimpo; inalterabili.

 


Inedito - Quello che porta il temporale di Silvia Bottani

Silvia Bottani è nata e vive a Milano. Giornalista, si occupa di arte contemporanea e collabora con diverse agenzie di comunicazione. Suoi interventi sono stati pubblicati da Doppiozero, Riga, Sapiens, Arte, Rivista Segno, CultFrame. “Il giorno mangia la notte “ (Ed. SEM) è il suo primo romanzo.

(...) Il branco va verso le nubi come se andasse al pascolo. Non c'è più nessuno a dargli la caccia. Da anni gli abitanti dei villaggi si sono spostati, si sono adattati a vivere nelle terre basse dove fa più caldo e bisogna avere a che fare con il fiume che straripa e rapina la fatica degli uomini. Solo io li vedo. Loro sanno di me, sanno che vengo qui. All'inizio rimanevo distante, c’è voluto tempo prima che mi potessi avvicinare tanto da guardarli con i miei occhi, senza il binocolo. Dicembre assolato, la montagna è verde e fiorita nell'inverno tropicale, prima della stagione della sete. Un maschio sale su una roccia e punta il muso nella mia direzione. Mi sente, anche se sono sottovento. Ha una striatura di pelo blu pavone che gli corre lungo il dorso, fino a stingere in un ciuffo celeste in prossimità della coda. Ha conservato le fattezze degli antichi cervi ma le corna si sono raggrinzite, degenerando in corti palchi acuminati che incoronano un corpo possente, cresciuto nello scheletro e nella muscolatura fino a raggiungere la stazza di un'alce.

il ritratto a matita di Silvia Bottani è di Nicola Nannini
 

Confronto - Viaggiare con lo sguardo di Silvio e Pietro Lacasella
 

Silvio Lacasella nasce a Trento nel 1956 ma molto presto si trasferisce con la famiglia a Milano, per poi stabilirsi a Vicenza dove tuttora risiede. È grazie all’amicizia con Tono Zancanaro che, nel 1977, approfondisce la tecnica dell’incisione, alla quale si dedica quasi esclusivamente sino al 1989, portando a termine circa 350 lastre che verranno esibite nelle più importanti gallerie italiane e internazionali. Numerosi sono gli interventi critici. Tra questi si sottolineano quelli di Giulio Carlo Argan, Fernando Bandini, Virginia Baradel, Fabrizio D’Amico, Mario De Micheli, Marco Goldin, Franco Loi, Valerio Magrelli, Franco Marcoaldi, Elena Pontiggia, Mario Rigoni Stern, Giorgio Saviane, Vanni Scheiwiller, Giorgio Segato, Vittorio Sgarbi, Nico Stringa, Emilio Tadini, Roberto Tassi, Charles Thomlinson, Antonello Trombadori, Marco Vallora. Nel 1988 inizia a dipingere (nel 1989 interrompe bruscamente l’attività incisoria durata oltre dodici anni). I suoi quadri, in un primo momento influenzati dall’esperienza grafica, arriveranno successivamente ad un più autonomo linguaggio espressivo. Molte sono in questo periodo le esposizioni personali in importanti sedi istituzionali e gallerie italiane ed estere. Dal 1979 collabora con articoli d’arte alle pagine culturali del “Giornale di Vicenza”.
Nel 2011 viene segnalato da Fernando Bandini e Valerio Magrelli per partecipare alla 54° Biennale di Venezia, curata da Vittorio Sgarbi. Tra le collettive successive è da ricordare la sua partecipazione nel 2014 alla mostra “Attorno a Vermeer” a Palazzo Fava a Bologna.
“La notte e l’assenza” è il titolo della mostra allestita nel 2015 al Museo Civico di Palazzo Chiericati, a Vicenza, curata da Marco Goldin e accompagnata da un catalogo edito da Linea d’Ombra.
Dal 2015 l’attività espositiva si interrompe, per avviare un dialogo ancora più intimo con la propria pittura.
Pietro Lacasella nasce a Vicenza il 22 novembre 1994. Nel 2020, dopo aver conseguito la laurea in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali ottiene la specializzazione in Antropologia Culturale, Etnologia, Etnolinguistica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Nel 2019 fonda e gestisce “Alto-Rilievo / voci di montagna”, blog culturale dedicato alla montagna. Dal 2021 collabora con l’Università di Ca’ Foscari per la divulgazione e lo sviluppo di tematiche relative alla sostenibilità turistico-ambientale. Sempre nel 2021 inizia a collaborare con la casa editrice Hoepli per promuovere la collana Stelle Alpine. Inoltre a novembre è stato chiamato a partecipare alla realizzazione del convegno internazionale per celebrare i cento anni della nascita di Mario Rigoni Stern, tenutosi ad Asiago, curando la divulazione dei contenuti. Le montagne non le vive solo attraverso la letteratura, ma anche in parete.

(...) Per uno strano scherzo geologico, le Dolomiti di Brenta si riflettono sul gruppo dell’Adamello. A dividere i profili argentei e slanciati delle prime da quelli più ampi e compatti del secondo, si inserisce la Val Rendena. Dolomia da un lato e granito dall’altro. Un venerdì pomeriggio di un paio di anni fa ho frettolosamente recuperato due vecchi amici a Trento per raggiungere le guglie del Brenta. Volevamo salire la vetta la più alta, omonima del gruppo, Cima Brenta (3.151 metri). L’ascesa non presenta particolari difficoltà tecniche, ma è molto lunga e, nonostante le numerose relazioni offerte dal web, non è facile orientarsi tra gli esili canali che incidono la montagna. Per raggiungerla è preferibile spezzare la salita in due con un bivacco al rifugio Alimonta. Era ottobre inoltrato e, sebbene le temperature fossero tutt’altro che autunnali (salivamo in maniche corte), le giornate si erano notevolmente accorciate. Così il buio ci colse quando al rifugio mancava più di un’ora. Gli amici, accese le pile frontali, avevano fretta di arrivare per preparare la cena. Ma dietro di noi, dalla parte opposta della valle, la famiglia dell’Adamello si stava immergendo nel crepuscolo. Un’ombra scurissima si arrampicava sui pendii, rubando i dettagli al paesaggio. In pochi minuti, alle montagne non era rimasto che il profilo: prima netto contro un cielo ancora chiaro e poi, con l’avanzare dell’imbrunire, sempre più sfumato. Alle tonalità scarlatte degli ultimi raggi era subentrato quel blu grigiastro che accoglie le prime stelle. Mi fermai per scattare qualche fotografia e per osservare il travaglio che porta alla nascita di una nuova notte: le diverse fasi del tramonto mi ricordavano i quadri di mio papà, osservati infinite volte sulla libreria di casa. Rimangono in bilico qualche giorno, sospesi tra i libri, in attesa di essere archiviati oppure di essere ripresi in mano. Una volta, per sbaglio, ne ho fatto cadere uno, ma per fortuna non se n’è mai accorto.

Silvio Lacasella - Finestra - 1988 - cm 32,6x21,6


 

Under 25 - I “se” della Storia: la magia rinascimentale di Francesca Fabris
 

Francesca Fabris è nata e vive a Padova. É studentessa di storia presso l’Università di Bologna.

(...) Gran poco sappiamo del processo romano che risultò nella condanna di Giordano Bruno come “heretico impenitente” e nella sua consegna al braccio secolare: parti ingenti della sezione “criminale” dell’Archivio della Santa Inquisizione andarono perdute pochi anni dopo la confisca e il trasferimento dei fondi a Parigi, dove, tre secoli più tardi, Napoleone perseguiva la titanica impresa di dar vita ad un “Archivio del mondo”. Sappiamo però, con certezza, che negli ultimissimi giorni di vita Bruno aveva tentato di scavalcare l’autorità della Santa Inquisizione, per rivolgere i suoi estremi appelli direttamente a papa Clemente VIII.

il ritratto a matita di Francesca Fabris è di Nicola Nannini
 

Nicola Nannini
 

Nicola Nannini è nato a Bologna nel 1972. Dopo gli studi classici si è diplomato all'Accademia di Belle Arti di Bologna con il massimo dei voti. È docente di disegno e figura presso la Scuola di Artigianato Artistico di Cento e docente di pittura presso l'Accademia Cignaroli di Verona. Protagonista di numerose rassegne espositive personali e collettive in Italia e all'estero, ha esposto presso gallerie private, musei pubblici e fondazioni. Invitato alla 54° Biennale di Venezia, padiglione Italia. Numerose sono le pubblicazioni che lo riguardano. Vive e lavora tra Bologna e Vicenza.
 

 



 

Per i testi:
©Editoriale - Pierantonio Tanzola
©Profilo - Marco Introini, Pierantonio Tanzola
©Dialogo - Tiziano Fratus, Pierantonio Tanzola
©Quello che porta il tempo - Silvia Bottani
©Viaggiare con lo sguardo - Silvio e Pietro Lacasella
©I “se” della storia: la magia rinascimentale - Francesca Fabris

Per le immagini:
©Marco Introini
©Tiziano Fratus
©Nicola Nannini
©Silvio Lacasella
ISBN 9788894507874
 
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